Il taglio del Bosco, la trasformazione della legna in carbone i limitati terreni coltivi in Valle e le poche risorse delle attività contadine non sono mai state sufficienti per sfamare la numerosa popolazione.
I nostri emigranti valicavano le Alpi per approdare in Francia dove trovavano lavoro nei boschi come boscaioli, carbonai o contadini, ma anche in Svizzera, Belgio, Prussia dove oltre al lavoro nei boschi trovavano occupazione nelle costruzioni di strade e ferrovie e nelle miniere. Ma sono stati parecchi pure i brembillesi che si sono imbarcati a Genova, per l’America, quella famosa terra promessa “la Mèreca”, detto nella nostra lingua dialettale, che comprendeva tutto il continente americano (dalla California, Canada, Argentina, Brasile).
Il fenomeno dell’emigrazione è più frequente nel periodo che va dall’inizio dell’ottocento alla seconda meta del novecento. In tale periodo, ad eccezione del tempo delle guerre, l’esodo è stato costante. Dopo la guerra l’emigrazione continua, ma in modo meno accentuato fino la fine degli anni cinquanta. Dagli anni sessanta, le partenze per l’estero diventano sempre meno frequenti.
Anche l’emigrazione interna nell’arco dei secoli fu molto rilevante. Le città di Genova e Venezia, fin dal milletrecento offrivano lavoro ai brembillesi, che si occupavano di trasporti facendo i corrieri postali o scaricatori di porto.
Numerosi anche i nostri concittadini che dal 1850 fino verso la fine del 1800 s’imbarcarono per la Sardegna dove trovavano lavoro nelle miniere di zolfo e di ferro di Monteponi a Iglesias.
Il Piemonte, la Valle d’Aosta, l’Appennino genovese e parmense, La Valtellina e la Valle Camonica furono mete per numerosi boscaioli e carbonai brembillesi.
Nelle prime decadi del 1900, per un buon periodo di tempo, alcuni cadelfogliesi, maestri nella costruzioni di fornaci “Calchère” per la cottura dei sassi furono chiamati nelle valli confinanti ma soprattutto in Valtellina. L’emigrazione brembillese non era un fenomeno isolato o confinato solo al nostro paese: tutta la Valle Brembana conobbe un esodo costante partendo dai primi anni dell’ottocento. Interessante però è notare che il nostro paese aveva tassi di emigrazione più alti di tutta la valle.
Dai dati di alcuni questionari dei comuni facenti capo del distretto di Zogno, si nota partirono “dalla comune di Brembilla 1.000 e più persone, uomini e donne delle quali n. 830 parte, per la Valle Camonica, per la Valle di Scalve, Piacenza, Piemonte, Valtellina nel travaglio del carbone, e vi rimangono sei sette mesi dell’anno”. Consistente è anche l’emigrazione femminile diretta soprattutto verso le filande della città , “partono circa 300 per la comune di Bergamo al travaglio della seta”.
Nel 1900 in Valle Brembana gli abitanti sono 44.859 e gli emigrati 7.358.
Tra il 1901 e il 1921 Brembilla aumenta la propria popolazione da 3.416 a 4.467 abitanti, poi, in poco più di dieci anni, il crollo fu vistoso: un documento della Camera di Commercio di Bergamo del 1923 parla di 1.500 boscaioli di Brembilla che lasciano il paese per la Francia e la Svizzera.
Nel 1913 sul giornalino “L’amico dell’emigrante edito dalla Parrocchia di Brembilla, nel numero di febbraio, vengono pubblicati alcuni dati: “ A Brembilla gli emigrati temporanei sono 1.250, cui si devono aggiungere 100 permanenti; a Camorone sono 70 e nessuno permanente.
Nel 1936 gli abitanti di Brembilla sono scesi a 3.110 più di milletrecento avranno lasciato il paese per trasferirsi definitivamente in Francia e Svizzera, il perché lo spiega in poche parole il giornalista D. Gervasoni su l’Eco di Bergamo in un articolo del 6 dicembre 1932. “Per il paese di Brembilla l’emigrazione costituisce una necessità ineluttabile perché l’agricoltura locale non basta a far vivere 500- 600 persone.
L'emigrante Boscaiolo
Ho salutato la famiglia e gli amici
quando c’era ancora la luna,
con uno zaino in spalla e in mano una valigia,
cercavo un po’ di fortuna.
Ho lasciato la contrada e il paese,
per nuovi orizzonti lontani,
non volevo più soffocare i desideri,
dovevo lavorare per comprarmi il pane.
La notte sopra un pagliericcio accomodato su un asso,
la stanchezza non mi lasciava dormire,
la mente non riusciva ad avere pace,
il pensiero volava in quel nido….
Ma su quei monti di foreste sperdute,
si sono consolidate le fondamenta della mia vita,
il fumo, la fame, il freddo e le fatiche,
erano il costo della crosta della pagnotta.
Pellegrini Alessandro
1443, La cacciata dei Brembillesi
L’epilogo più importante delle faide tra Guelfi e Ghibellini, avvenimento che per sempre ha segnato la storia della Val Brembilla, fu la Cacciata dei Brembillesi del 1443. I Brembillesi, tenaci fautori dei Visconti di Milano al tempo della prima conquista Veneta della terra bergamasca, si opposero in ogni modo ai dominatori. Nel gennaio del 1443, dopo vari avvertimenti e intimidazioni, il governo Veneziano decise di adottare una delle più tremende ritorsioni nei loro confronti: l’abbattimento e l’incendio di tutti gli insediamenti della valle. L’eccezione valse solo per Cadelfoglia, Grumello, Cavaglia e le altre contrade limitrofe che, unite nel comune di Cadunine, nei mesi precedenti si staccarono da Brembilla e si unirono a Gerosa.
Furono giorni tragici per gli abitanti della vallata, costretti a fuggire per la maggior parte verso la pianura milanese, dove ebbero protezione e aiuto da parte dei Visconti. Ai brembillesi furono confiscate le terre, e non poterono far ritorno nella loro valle. Dalla cacciata dei brembillesi fino alla fine del governo veneto il comune di Brembilla sarà citato come comune di Santo Giovanni in Laxolo. I brembillesi accolti da Filippo Maria Visconti, ebbero molti privilegi, tra cui uno che fino ad oggi ha segnato la storia di queste famiglie. Da quel giorno le famiglie brembillesi emigrate a Milano, per riconoscersi, presero il nome di Brembilla, Poi Brambilla. Ancor oggi il cognome Brambilla è molto diffuso a Milano ed è rappresentativo dell’esser “Meneghini”, ma deve la propria origine e storia ad un fatto avvenuto a Brembilla.
La valle invece rimase deserta fino intorno al 1485, quando queste terre furono poi vendute e occupate da altre famiglie di fede Veneziana provenienti dalle valli confinanti. La famiglia Carminati proveniente dalla bassa Imagna, occupò l’altopiano di Laxolo, la famiglia Locatelli, proveniente sempre dalla Valle Imagna, il versante di Blello, la famiglia Pesenti sempre proveniente dalla Val Brembilla (Gerosa) occuparono parte del fondovalle e il versante del Cerro e S. Antonio.